Gianluca Rossoni
University of Bergamo

Vacanze studio e pacchetti turistici

Dopo cinque anni da quella memorabile e antesignana  conferenza nella quale si realizzava un’analisi completa e dettagliata del testo normativo della Direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, la prassi contrattuale da parte degli operatori turistici non ha ancora realizzato una piena adesione a tali disposizioni comunitarie.
In particolare il riferimento va ai soggiorni studio all’estero i quali sono contrattualmente qualificati nell’ambito della disciplina dei viaggi a pacchetto. La maggiore conseguenza è la responsabilità dell’organizzatore turistico nell’esecuzione del contratto, in particolare per eventi che possano avvenire nel corso del soggiorno, ove a volte si palesano disagi per incompatibilità fra lo studente o la studentessa e la host family, che poco hanno a vedere con inadempimenti contrattuali. Con la conseguenza che l’operatore possa essere condannato al risarcimento del danno da vacanza rovinata nonostante si fosse trattato di un viaggio all’estero per finalità di studio (cfr. Sentenza del Tribunale di Roma, 11 maggio 2018, n. 9595).
Sul punto in realtà l’operatore non sarebbe obbligato a trattare tale tipo di viaggio al pari di un ordinario viaggio a pacchetto. La stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea, infatti, sin dalla sentenza C-237/97 del 11 febbraio 1999 aveva chiaramente stabilito che non si doveva applicare la disciplina dei pacchetti turistici a viaggi studio a medio-lungo termine (con durata minima di sei mesi) qualora il fine dello studente fosse di familiarizzare con la popolazione e l’ambiente locali mediante un programma di scambio interculturale cui la finalità turistica risultava perciò estranea.
Successivamente la direttiva (UE) 2015/2302 dichiara nel considerando (17) che l’alloggio a fini residenziali non dovrebbe essere qualificato come alloggio a fini turistici, essendo il primo estraneo allo scopo di svago e relax. La conseguenza sarebbe che l’operatore che assembli un alloggio a fini residenziali presso una famiglia straniera ospitante o presso un ostello per studenti con un corso di lingua straniera, non stia in realtà creando un viaggio a pacchetto turistico bensì un contratto di servizio turistico con obblighi distinti da quelli che solitamente ricadono sugli operatori nella prima ipotesi.
In altri termini il fine di studio, salvo le gite d’istruzione di pochi giorni ove è palese che lo scopo turistico e di svago convive con quello educativo, non è contemplato dal contratto sui viaggi a pacchetto che invece tutela quello turistico ed espressamente quello d’affari.
Ciò non significa certamente il venir meno di responsabilità per l’organizzatore turistico, attesa la particolare natura e lunga durata del contratto e gli oneri economici che solitamente si accollano le famiglie per inviare all’estero i propri figli.
Il rapporto contrattuale andrebbe invece regolato nell’ambito del codice civile di ciascun Stato membro e della disciplina comunitaria di protezione del consumatore, in particolare in forza di quest’ultima normativa con attenzione alla parte informativa, agli acconti, alle clausole di recesso ed alle penalità. Tutti punti sensibili al momento della conclusione del contratto fra le parti e decisivi per determinare il consenso del cliente.
La problematica su esposta rivela delle difformità nei vari ordinamenti degli Stati membri e la direttiva non pare fornire una risposta univoca agli operatori del diritto chiamati ad assistere l’industria turistica, in particolare in relazione a tali tipi di servizi ora molto in auge fra i viaggiatori, anche e nonostante il periodo d’emergenza epidemiologica da COVID-19 che tutt’ora permane.
In definitiva, una nuova occasione di confronto e discussione alla ricerca di soluzioni equilibrate che certamente ESHTE-INATEL, sotto la sapiente guida del Prof. Carlos Torres, saprà stimolare e proporre.